Giovanni Boccaccio fu un copista instancabile e in molte occasioni si misurò con il problema di quale fosse la forma-libro più adatta per trasmettere le opere in latino e in volgare delle altre due corone della letteratura trecentesca. Il percorso di ricerca qui proposto esamina la fisionomia paleografica e codicologica dei manoscritti danteschi e petrarcheschi di sua mano (da quelli trascritti nella prima giovinezza fino a quelli confezionati nella tarda vecchiaia), con l’obiettivo di ricostruire le tecniche di copia e di decodificare il valore simbolico delle innovative scelte di messa in pagina attuate dal certaldese