Il fantastico non è un mero ‘genere’ con motivi tipici ricorrenti, ma piuttosto un modo letterario di esprimere, obliquamente e allusivamente, in maniera quasi seduttiva e onirica, il confronto gnoseologico con l’ineffabile inesplicabilità dell’immaginario. Chi ne varca la soglia si trova ineludibilmente risucchiato in un vortice che lo avvolge progressivamente nelle sue spire attraendolo verso l’ignoto del confronto tra l’Io e l’Altro, lasciandolo, infine, spiazzato di fronte allo scacco conoscitivo dell’esperienza liminale del fantastico-unheimlich, che costituisce un irrisolvibile scarto rispetto al razionale paradigma di realtà. Hoffmann e Beckford, solo apparentemente personaggi così diversi, si confrontano specularmente con gli spazi ...