A Memory of Shadows and of Stone. Traumatic Ruins, Conservation, Social Processes

Considering the scars caused by many terrible traumatic events, such as the atomic bomb, the Holocaust, genocides, massacres, and also deep socio-economic transformations, the notion of memory in the contemporary age is nearly always the result of a conflict between the conservation of some elements of the past and the oblivion of others. The ruin or the place of a tragedy is no longer merely a trace of a terrible past but, through a resemantization process, it becomes a sign, which is transmittable to the future.This introduces some questions to the issue of traumatic ruin: what are the social implications of ‘memorializing’ the trauma? Who decides what kind of traces of the past to deliver to the future? What is the role of conservation and architectural restoration in these processes?The present paper focuses on the possible practices in the processes of the representation of the past, with special regard to the relationship between places/buildings, memory and social processes. In particular, the paper deals with the consequences of practices involving a reinterpretation of the past and, practices aimed at leaving the signs of traumatic events visible on a building, a monument or a place: practices which, as they involve oblivion and remembrance, describe the contemporary condition of memory.La società contemporanea è stata segnata da numerosi eventi traumatici che, nel tempo, ne hanno modificato fortemente la nozione di memoria. Dalla Prima Guerra Mondiale alla Shoah, dalla bomba atomica ai genocidi delle guerre nei Balcani, passando attraverso i profondi mutamenti socio-politici della seconda metà del secolo scorso, la memoria collettiva ha infatti assunto la forma di un inevitabile conflitto tra “ricordo” e ”oblio”, tra commemorazione di un evento e cancellazione di un passato spesso controverso. Tale conflittualità, in architettura, si rispecchia nel tema delle rovine: la società è infatti chiamata a interrogarsi sul destino delle ferite inflitte dalle guerre ed altri eventi traumatici, a luoghi, edifici e monumenti. Al di là dell'ampio ventaglio di opzioni operative, da sempre studiate nel campo del restauro architettonico, e che vanno dal ripristino, alla costruzione di nuove architetture, fino alla conservazione delle rovine in forma di memoriale, il saggio si sofferma sulle implicazioni sociali e politiche dei due termini del conflitto: l'accettazione o la rimozione del trauma subito.Guardando ad alcuni esempi europei, il saggio indaga il rapporto tra memoria, luoghi e processi sociali, confrontando quelle esperienze rivolte a selezionare drasticamente le tracce di quegli eventi traumatici, con altre che, orientate a preservare tali segni, sperimentano ciò che l'autore definisce una "democrazia della memoria"