Le dimensioni di \uabuso\ubb nella filosofia di Immanuel Kant

Questa ricerca, scaturita da una riflessione storico-critica sul fondamento della filosofia trascendentale, intende mettere a tema la nozione di \uabuso\ubb in riferimento alla filosofia di Immanuel Kant. Da porre a fondamento della filosofia trascendentale non \ue8 l\u2019Io puro, la \uabfacolt\ue0 delle rappresentazioni\ubb o una pura \uabautocoscienza\ubb, bens\uec un\u2019attivit\ue0 trasformativa sensibile riferita anzitutto alle proprie facolt\ue0 (\uabuso di s\ue9\ubb). Dopo averne discusso la pervasivit\ue0, il ruolo strategico e averne constatato le innumerevoli occorrenze nel contesto della filosofia trascendentale, si avanza un\u2019interpretazione del pensiero kantiano che fa perno sulla nozione di \uabuso\ubb con il duplice scopo di isolare le molteplici \uabfigure\ubb della filosofia trascendentale in cui essa appare al modo del suo \uabfondamento\ubb e di prendere posizione su questioni classiche di pensiero. Il lavoro consta di due parti distinte e un\u2019Appendice. La prima parte \ue8 dedicata a una trattazione analitica delle dimensioni semantico-teoretica, estetico-epistemologica e antropologico-politica di \uabuso\ubb. Essa si articola in tre diversi capitoli. Nel primo capitolo, prendendo le mosse da una riconsiderazione della Dottrina trascendentale del metodo, si discute di come Kant leghi l\u2019\uabuso\ubb al \uabsignificato\ubb, e se ne conclude che in Kant il significare istituisce \u2014 o rafforza \u2014 una certa configurazione dell\u2019uso delle proprie facolt\ue0. Dal modo in cui Kant lega \uabuso\ubb a \uabsignificato\ubb si evince che ogni \uabsignificare\ubb consiste sempre in una serie di operazioni trasformative eseguite su se stessi in cui tutto lo psichismo del soggetto risulta coinvolto. Nel secondo capitolo, invece, dopo aver distinto una sintesi dell\u2019immaginazione \uabschematica\ubb da una \uabritmica\ubb, si vuole dar conto di quelle arguzie (schemi), di quegli atti mancati (lapsus judicii), di quel girare a vuoto (gusto), di quei fallimenti (sublime) e di quelle trovate (genio) che sorgono da un certo uso dell\u2019immaginazione \u2014 e non da una semplice \uabfacolt\ue0 delle immagini\ubb scissa dalle vicissitudini del suo impiego. Nel terzo capitolo, infine, a partire dalla distinzione kantiana tra \uabuso privato\ubb e \uabuso pubblico\ubb della ragione, si tratta delle Bestimmungen (\uabdestinazioni d\u2019uso\ubb) dell\u2019uomo come individuo e come specie, e si stabilisce che, se alla seconda soggiace un uso di s\ue9 di tipo regolativo, la prima ha luogo mediante un uso di s\ue9 di tipo costitutivo. La seconda parte del lavoro ha per oggetto lo sviluppo del potenziale trascendentale di una densa immagine che ricorre nell\u2019Antropologia dal punto di vista pragmatico in cui Kant pone la \uabmano\ubb a fondamento dell\u2019\uabuso della ragione\ubb. Essa si articola, a sua volta, in due distinte sezioni. La prima mira a indagare il contenuto simbolico, teoretico, istituzionale e antropologico della mano nelle tradizioni di lingua e di pensiero indoeuropee. La seconda, prendendo le mosse da alcune considerazioni sulla relazione tra la mano e il tatto e sul ruolo antropogenetico della mano, \ue8 volta a rinvenirne la pervasivit\ue0 nel pensiero kantiano. Stando a Kant, le mani rivelano la natura interna e l\u2019intima costituzione dello spazio; esprimono l\u2019\uabavere\ubb dello schema; generano \uaborientamento\ubb tramite il sentimento della loro distinzione; assurgono a principio ordinatore della tavola delle categorie; sono la carne e le ossa dei giudizi sintetici a priori dell\u2019aritmetica. Infine, preso atto del fatto che \uabuso\ubb in Kant si costituisce sempre in endiadi, la ricerca si conclude con un\u2019Appendice in cui si discute della natura e della funzione della categoria linguistica del duale, ponendola a fondamento di ogni dualismo