Napoleone, la marina militare, il porto e l'arsenale di Venezia

Per timore d'infrangere l'equilibrio lagunare raggiunto con fatica nel tempo, il governo della Repubblica di Venezia aveva lasciato che le correnti litoranee, ripascendo i lidi, continuassero ad alimentare anche il banco di sabbia dinnanzi alla bocca di Malamocco. Per l'assillo del bilancio, per la sfiducia nell'avvenire, nella convinzione che la sopravvivenza dipendensse dal mantenere immutate le cose, la Serenissima aveva rinviato sine die anche il rinnovamento delle strutture dell'Arsenale. Per strappare l'antico monumento della forza marittima dei Veneziani (porto e Arsenale) al loro destino di consunzione, bisognava violentare quest'universo conchiuso, bisognava inserire il porto e l'Arsenale di Venezia in un disegno strategico generale della marina, nell'Adriatico e nel Mediterraneo. «Il fallait être français» come disse l'ingegnere navale Pierre Farvait, futuro ministro della Marina; bisognava credere nel cambio tra strategia tecnica e centralità amministrativa. Tra il 1805 e il 1807, gli ingegneri dei «Ponts», gli ingegneri in cui tanto confida Napoleone, progettano dighe per aggredire le secche all'imbocco del porto e consentire il transito dei vascelli da 74 e da 80 che si sarebbero costruiti nelle nuove cale stabilite all'Arsenale. 5 anni di lavori, 8 milioni di spese. . . Fondato su principi idraulici incontestabili il progetto dell'imboccatura avrebbe rigenerato il futuro. Ma la laguna non sarebbe stata più un mondo autonomo, pulsante di vita propria; la tecnica l'aveva forzato, considerandone solo le parti. Modificata dalle applicazioni della scienza né prudenti né discrete, col tempo quella parte di laguna si sarebbe trasformata in un braccio di mare. . .Morachiello Paolo. Napoleone, la marina militare, il porto e l'arsenale di Venezia. In: Villes et territoire pendant la période napoléonienne (France et Italie). Actes du colloque de Rome (3-5 mai 1984) Rome : École Française de Rome, 1987. pp. 285-293. (Publications de l'École française de Rome, 96