L’essere inesemplare. Per un umanesimo non violento

In questo articolo tento di sviluppare una piccola teoria semio-filosofica della violenza, ipotizzando che l’attuale spirale in cui tutti siamo presi possa scaturire da un carattere logico-semantico presente di solito nelle tassonomie d’ogni tipo, ma sviluppatosi in modo abnorme nelle culture moderne: l’esemplarità degli individui, così ipotizzo, agisce da marcatore sociale divisivo, provocando un conflitto tra individui diversamente qualificati rispetto alla specie cui rivendicano di appartenere. La violenza verso il conspecifico sarebbe causata da quegli individui che, volta a volta, ritengono minacciata la propria rappresentatività (= esemplarità) di campioni genuini o esemplare, nel senso che Nelson Goodman assegna a queste espressioni. Ecco, quindi, che l’essere inesemplare, l’essere che rinuncia a rivendicare la propria legiformità rispetto alla specie o ai caratteri della comunità egemone, può diventare il grimaldello per liberare una nuova ontologia dell’umano e non solo