Il libro cerca di assegnare a una bioetica “in punta di piedi” il compito di custodire criticamente la distanza tra vita e pensiero, evitando di irrigidirla in un blocco monolitico, che condannerebbe l’etica ad essere inghiottita dall’egemonia naturalistica, e, al contrario, di diluirla in una forma di vago galateo deontologico, che nasconde dietro la convenzionalità instabile dei propri precetti l’antica logica del più forte. La custodia di questa distanza dipende dalla possibilità di far valere in bioetica una distinzione preliminare fra bioetica critica, disposta ad argomentare razionalmente le proprie tesi, anche riconoscendo spazi di radicale problematicità, e bioetica ideologica, ciecamente aggrappata alle proprie certezze, spesso fru...