Lavori in corpo. Pratiche ed estetiche di identit\ue0

Lavorare sul corpo significa agire sui confini identitari. In un\u2019epoca di grande incertezza, infatti, il corpo \ue8 sempre pi\uf9 utilizzato per scrivere la propria soggettivit\ue0, definire le proprie appartenenze, comunicare il proprio disagio. Un corpo frontiera tra natura e cultura, collettore e specchio di una molteplicit\ue0 di codici in transito che, lasciando aperta la possibilit\ue0 di scelta, consente di accordarsi con la liquidit\ue0 contemporanea. Si pu\uf2 vestire il corpo per interpretare le diverse scene del quotidiano, spogliarlo per riscrivere quelle caratteristiche che, attraverso le forme, segnano i nostri destini sociali. Si pu\uf2 tentare di liberarsi dal corpo vivendo in un universo virtuale attraverso la finzione e la speranza di corpo virtuale Si pu\uf2 nascondere il corpo dietro uno chador e vivere questa scelta come espressione di antagonismo e occasione di ridefinizione di una soggettivit\ue0 confinata nel limite. Si pu\uf2 mascherare il corpo attraverso una malattia che, se accreditata socialmente, pu\uf2 divenire rifugio per il disagio identitario. Ma tutto questo \ue8 possibile a condizione di utilizzare codici culturalmente appropriati. Le cornici corporee che organizzano la nostra esperienza, infatti, incarnano un\u2019epoca, o meglio la propria stagione politica, con le sue gerarchie (comprese quelle di genere) le sue retoriche e le sue narrazioni; narrazioni che passano anche attravesrso l\u2019arte e l\u2019architettura. Perch\ue9 le pratiche sul corpo siano lavoro sull\u2019identit\ue0, tuttavia, \ue8 necessario passare dall\u2019avere all\u2019essere corpo e riappropriarsi, quindi, dell\u2019unico territorio che nella societ\ue0 dei consumi ci appartiene veramente