Il conflitto di interessi nei contratti di investimento e gestione patrimoniale

La ricerca muove da una analitica ricognizione delle fonti di diritto interno e di diritto europeo che disciplinano l\u2019attivit\ue0 degli intermediari finanziari in funzione di prevenzione e di repressione dei conflitti d\u2019interesse, per rilevare che, in questo quadro, assume particolare rilievo il dovere delle imprese di investimento di agire in modo onesto e professionale per servire al meglio gli interessi dei loro clienti, espressione di un principio generale che diviene autonomo parametro di valutazione dei comportamenti in concreto tenuti dall\u2019intermediario. In relazione a questo quadro normativo viene valutato l\u2019orientamento di parte della dottrina e della giurisprudenza di merito volto a ritenere che la violazione delle specifiche regole di comportamento o del principio di best execution consenta l\u2019utilizzazione di rimedi demolitori del contratto individuati: a) nella nullit\ue0 del contratto, per violazione dei doveri di comportamento nascenti da norme di legge a tutela di interessi pubblici alla tutela del risparmio e al corretto funzionamento dei mercati, la cui violazione determina la nullit\ue0 del contratto ai sensi dell\u2019art. 1418, primo comma, c.c; b) nella annullabilit\ue0 per conflitto di interessi o, secondo una diversa linea di ragionamento, per vizio della volont\ue0 ritenendosi, ad esempio, che la mancata informazione della situazione di conflitto di interessi abbia indotto in errore l\u2019altro contraente; c) nella risoluzione per inadempimento dell\u2019intermediario ai doveri su di lui specificamente gravanti nei confronti del risparmiatore. Tali rimedi sono ritenuti piu\u2019 efficienti del rimedio del risarcimento del danno perch\ue9 liberano il risparmiatore dall\u2019onere di provare gli elementi costitutivi della propria pretesa risarcitoria, consentendogli l\u2019esercizio dell\u2019azione di ripetizione di quanto indebitamente pagato. Un approfondito esame critico di questa posizione induce a ritenere che i costi del sistema connessi al superamento della distinzione tra regole di validit\ue0 e regole di responsabilit\ue0 non siano giustificati dalla necessit\ue0 di superare l\u2019allegata inefficienza del rimedio risarcitorio, tenuto conto delle evoluzioni che si sono verificate in questa materia. Una lettura in chiave funzionale della disciplina della prova consente infatti di adattare quella disciplina all\u2019esigenza di protezione del danneggiato, ci\uf2 nel senso che ove l\u2019applicazione della norma in tema di prova secondo il suo tenore testuale renda eccessivamente difficile la posizione del danneggiato, anche in ragione di asimmetrie informative rispetto al danneggiante, la regola deve modificarsi per consentire un\u2019effettiva attuazione della tutela voluta dalla legge. Il che in concreto si realizza da un lato ponendo l\u2019onere della prova a carico del soggetto \u201cpi\uf9 vicino alla prova\u201d, il che in concreto si risolve in un\u2019inversione dell\u2019onere probatorio, gravando sull\u2019intermediario l\u2019onere di provare la mancanza di nesso causale tra il proprio comportamento e il danno, restando a carico dell\u2019investitore solo la prova della conclusione del contratto e del danno subito, che in questi casi peraltro corrisponde alla differenza tra prezzo pagato e valore attuale dell\u2019investimento. La conclusione \ue8 che nessuno degli argomenti utilizzati per affermare l\u2019inefficienza del rimedio risarcitorio risulta convincente e dunque \ue8 possibile garantire l\u2019effettiva tutela degli interessi dei risparmiatori senza bisogno di forzature del sistema, mantenendo senza dogmatismi, ma con una forte consapevolezza delle necessit\ue0 di criteri di decisione chiari e rigorosi, la distinzione tra regole di validit\ue0 e regole di responsabilit\ue0, riuscendo a conciliare in modo accettabile esigenze di giustizia sostanziale e rispetto dei principi ordinanti del sistema