Il parco della Mostra d’Oltremare di Napoli: storia, architettura e cultura

L’«architettura del verde» della Prima Mostra delle Terre Italiane d’Oltremare di Napoli (1937-1940), secondo la definizione degli stessi progettisti (Luigi Piccinato e Carlo Cocchia), è stata a lungo oggetto di una distrazione storiografica, a causa di un interesse più sbilanciato sull’analisi descrittiva della sua composizione che sulla conoscenza storica e sull’interpretazione critica della sua architettura. La monumentalità delle dimensioni, gli studi di progetto, l’articolazione del disegno, la ricchezza botanica, l’ingegneria idraulica, la destinazione d’uso, l’accessibilità e la diversificazione degli spazi tematici, la programmazione culturale, la pianificazione urbanistica e l’aderenza ai dibattiti in corso mostrano in quest’opera una varietà culturale, tecnica e tipologica di particolare rilievo. Come disse Cocchia, «di tutto il complesso realizzato per la Mostra, il grande Parco verde costituisce indubbiamente la parte che può ben dirsi di maggiore interesse. La Mostra fu concepita tutta in funzione del suo Parco e, una volta tanto, l’entusiasmo sin dall’inizio non fu fuorviato o menomato dallo scarso effetto, che è di solito inevitabile in ogni impianto di zone verdi». Gli apporti scientifici più pertinenti la storia dell’architettura del verde non hanno mancato di presentare alcune conflittualità e parzialità, restituendo un quadro che merita invece di essere inserito in un panorama più ampio per quanto riguarda diversi aspetti, come ad esempio l’architettura effimera, il revival colonialistico e la conflittuale affermazione del moderno in Italia. Il contributo, grazie alla rinnovata prospettiva storica, alla consultazione di nuove fonti e alla rilettura di quelle note, sia dirette che indirette, intende illustrare uno studio che consente oggi di riconoscere nel parco della Mostra d’Oltremare un ‘giardino storico’ che, come tale, va raccontato e salvaguardato per la valorizzazione della sua identità e la conservazione delle tracce ancora in situ