Utilizzo della riverse engineering per lo sviluppo di un modello a elementi finiti mandibolare tridimensionale

Lo studio del comportamento funzionale dei biomateriali pu\uf2 essere effettuato in vivo o in vitro.La valutazione in vivo, pi\uf9 complessa, presenta numerosi svantaggi: richiede campioni numericamente ampi per avere significativit\ue0 statistica, consente di valutare solo pochi parametri in tempi relativamente lunghi, \ue8 costosa e pone problemi di natura etica. I risultati, inoltre, risentono notevolmente delle molteplici variabili individuali e tecniche, che riducono la ripetibilit\ue0 delle sperimentazioni. D\u2019altra parte, il ricorso a modelli artificiali si basa inevitabilmente su approssimazioni e semplificazioni, che riducono il valore predittivo dei risultati ottenuti. I vantaggi principali di questo tipo di ricerche risiedono nella possibilit\ue0 di controllare al meglio i parametri fissi, agendo liberamente su quelli oggetto di sperimentazione, nell\u2019elevata ripetibilit\ue0 e nei costi inferiori. Il significato clinico della sperimentazione in vitro \ue8 funzione del grado di verosimiglianza e attendibilit\ue0 delle condizioni sperimentali poste.L\u2019analisi agli elementi finiti (FEA) \ue8 stata inizialmente sviluppata nei primi anni \u201960, per risolvere problemi strutturali nell\u2019industria aerospaziale. Da allora \ue8 stata usata in molti campi. La prima applicazione della FEA all\u2019odontoiatria \ue8 quello di Weinstein et al. del 1976 (1).Scopo del presente articolo \ue8 l\u2019utilizzo di tecniche di rerverse engineering per ottenere, da una mandibola umana, un modello a elementi finiti (FEM) tridimensionale il pi\uf9 realistico possibile