Diversa qualificazione giuridica del fatto in Cassazione e obbligo di conformarsi alle decisioni della Corte europea dei diritti dell'uomo: riflessioni sul caso Drassich

Il problema di ottemperare alle sentenze di condanna della Corte europea dei diritti dell\u2019uomo per violazioni dell\u2019equit\ue0 processuale ha prodotto - in mancanza di soluzioni normative \u2013 un particolare attivismo della giurisprudenza per individuare la possibilit\ue0 di impiegare (o meglio, di piegare) a questo fine strumenti giuridici gi\ue0 presenti nel sistema; il \u201ccaso Drassich\u201d ha rappresentato uno degli approdi pi\uf9 significativi di questa corrente giurisprudenziale: al centro della vicenda vi era un mutamento della qualificazione giuridica del fatto operato per la prima volta in Cassazione, dal quale erano derivati effetti pregiudizievoli all\u2019imputato sul piano della prescrizione, senza che gli fosse assicurata alcuna possibilit\ue0 di difesa. Di qui la condanna europea per iniquit\ue0 e il problema degli strumenti a disposizione nell\u2019ordinamento interno per darvi esecuzione. L\u2019A. critica vivacemente la soluzione adottata dalla Cassazione di rimuovere il giudicato iniquo attraverso un\u2019applicazione analogica del ricorso straordinario per errore di fatto previsto dall\u2019art. 625 bis c.p.p. Tale istituto presuppone infatti l\u2019esistenza di un errore percettivo della Cassazione, mentre, a proposito del mutamento del nomen iuris era in gioco il ben diverso problema di una lacuna normativa, rappresentata dalla mancanza di una previsione che disponesse la necessit\ue0 di un contraddittorio sul punto. Nessuna effettiva somiglianza di situazioni, dunque. A cui si aggiunge il carattere eccezionale del rimedio previsto dall\u2019art. 625 bis c.p.p., se non altro in quanto soggetto al principio di tassativit\ue0 delle impugnazioni. Rilevato come mancavano nel caso de quo entrambe le condizioni necessarie per l\u2019impiego dell\u2019analogia, e considerando che non \ue8 metodologicamente corretto scardinare le regole della legalit\ue0 interna per cercare di assicurare una \u201clegalit\ue0 convenzionale\u201d di tipo \u201cequitativo\u201d, l\u2019A. amplia lo sguardo, per un verso delineando i profili che dovrebbe presentare un nuovo strumento normativo in grado di dare esecuzione alle sentenze di condanna della Corte europea attraverso una riapertura del processo, e, per altro verso, interrogandosi sulle possibili soluzioni in grado di \u201cprevenire\u201d situazioni del tipo di quelle verificatesi nel caso Drassich, intervenendo sui meccanismi che attualmente lasciano arbitro il giudice di procedere d\u2019autorit\ue0 e senza contraddittorio ad una riqualificazione del fatto in sentenza, anche per la prima volta in Cassazione. In ordine al primo aspetto, viene criticata la soluzione \u2013 presente in molte proposte legislative \u2013 di appiattirsi sullo schema rigido della revisione, mentre andrebbe adottato un rimedio flessibile, che tenga conto dei vari tipi di vizi denunciabili. In ordine al secondo aspetto, ipotizza, invece, che il giudice che in sede decisoria intenda modificare la qualificazione giuridica del fatto, sospenda la decisione, consentendo lo svolgimento di un contraddittorio delle parti, aperto anche ad un\u2019eventuale integrazione probatoria. Nel giudizio di Cassazione per procedere a quest\u2019ultima sarebbe peraltro necessario un rinvio al giudice di merito, esclusivamente finalizzato a questo incombente, riservando comunque alla suprema Corte il giudizio rescissorio e rescindente sulla questione di diritto