Vocazione alla sterilit\ue0 come declino dell'ordine simbolico della madre

Nell\u2019ambito della psicologia culturale e della psichiatria culturale \ue8 stato ampiamente accolto il valore dell\u2019ordine simbolico che sottende i significati entro cui le persone organizzano le proprie relazioni. Quelle familiari e del rapporto di coppia sono relazioni che si organizzano pi\uf9 di altre rispecchiando i significati di fondo che permettono di definire l\u2019implicazione tra persone come legame affettivo. L\u2019appartenenza al legame di coppia-gruppo familiare come luogo della procreazione \ue8 dunque sempre costituita nell\u2019orizzonte di senso entro cui matura la possibilit\ue0 per la donna di essere madre o la sua impossibilit\ue0. Tra Ottocento e Novecento in Occidente inizia un lungo percorso che vede la donna definirsi rispetto alla scelta volontaria e consapevole di maternit\ue0, mettendo in gioco diversi fattori che hanno decretato una sostanziale rottura con la tradizione. Il presente contributo vuole discutere questo fenomeno non tanto per decretarne la responsabilit\ue0 rispetto alla de-natalit\ue0 o per attribuire all\u2019impegno sociale da parte della donna la causa della scelta di sterilit\ue0, quanto piuttosto per discutere del cambiamento del senso del nascere, intrinsecamente legato alle forme con cui viene rappresentata la morte, quale nucleo essenziale della domanda esistenziale relativa al perch\ue9 vivere e dunque chiamare al mondo un figlio sapendo di dover morire. Viene dunque individuato il legame tra modalit\ue0 tecnologiche di gestione del corpo femminile rispetto alla gestazione e l\u2019evocazione della mortalit\ue0 che tali pratiche annunciato, facilitando probabilmente in tal modo l\u2019allontanamento da quello che Silvia Vegetti Finzi ha chiamato \u201cil bambino della notte\u201d