La valutazione economica delle politiche idriche: dall'efficienza alla sostenibiit\ue0

Il paradigma dello \u201csviluppo sostenibile\u201d ha rivoluzionato il quadro concettuale della valutazione delle politiche pubbliche in campo ambientale, offrendo un riferimento teorico per integrare il contributo delle diverse discipline entro una prospettiva orientata al lungo periodo. Con particolare riferimento alle discipline economiche, esso ha permesso di arricchire l\u2019approccio neoclassico fondato sulla visione esclusivamente utilitaristica e statica dell\u2019environmental economics, grazie alla comprensione del ruolo del capitale naturale (KN) nel processo economico, integrando i consueti indicatori monetari dell\u2019analisi costi-benefici, con altre considerazioni pertinenti alla sfera ecologica, sociale, culturale etc (Ekins et al., 2003). Come \ue8 ben stato messo in evidenza da Turner (1993) ed Ekins (2000), la questione cruciale \ue8 duplice, e riguarda: \uf02d la sostituibilit\ue0 del KN nelle \u201cfunzioni di produzione\u201d in cui esso entra come input: un certo KN \ue8 critico per una certa funzione se esso non pu\uf2 essere sostituito da altri input n\ue9 da altre forme di KN. \uf02d la sostituibilit\ue0 delle dimensioni di valore fra loro: una certa funzione ambientale (es. la balneazione in un fiume) pu\uf2 essere considerata compensabile da altri benefici (es. un bene di consumo che procuri identica soddisfazione); altre funzioni ambientali non sono sostituibili, nemmeno da altre risorse naturali. Quando queste condizioni si verificano, il KN risulta sostituibile solo in forma imperfetta; occorre garantire la conservazione e riproduzione di quella particolare componente dello stock di KN. Il paradigma della sostenibilit\ue0 permette di tenere conto, da un lato, dell\u2019irriducibilit\ue0 di molte dimensioni di valore al calcolo economico (ossia della loro incomparabilit\ue0 con altre dimensioni di valore); dall\u2019altro lato, della possibilit\ue0 di sostituire KN con altri input (capitale, lavoro e tecnologia) per ottenere determinate funzioni ambientali. Questa sostituibilit\ue0 \ue8 generalmente possibile fino a un certo livello e per certe funzioni ambientali; oltre, si entra in una \u201czona grigia\u201d, nella quale il fattore decisivo \ue8 lo sviluppo tecnologico; si individua in tal senso un approccio \u201cdebole\u201d o \u201cforte\u201d, in funzione della maggiore o minore propensione a ritenere \u201ccritiche\u201d certe componenti del KN o ad adottare una visione pessimistica o prudente in merito alla capacit\ue0 della tecnologia di superare i \u201climiti alla crescita\u201d (Turner, 1993). Negli ultimi 15 anni, si \ue8 cercato di rendere operativo questo approccio traducendolo in sistemi di misurazione e di valutazione applicabili al contesto concreto (Perrings e Vincent, 2003; Clinch et al., 2002; Oecd, 2001; Segnestam, 2002). A questo enorme sforzo di produzione di schemi concettuali e indicatori non sempre ha corrisposto un\u2019adeguata riflessione in merito alle basi teoriche del ragionamento, e la stessa natura interdisciplinare del concetto di sostenibilit\ue0 ha spesso favorito la sovrapposizione dei criteri pi\uf9 che la sintesi. Con il risultato che, quando questa enorme messe di dati viene trasferita nel dibattito politico o nella vulgata giornalistica, si corre spesso il rischio di effettuare valutazioni basate su criteri del tutto inadatti e inattendibili, o di discutere un gran numero di dati spesso fonte di confusione e non sempre davvero significativi per cogliere le criticit\ue0 specifiche di ogni contesto settoriale e locale e orientare le decisioni e la scelta delle priorit\ue0. La traduzione di questo immane lavoro teorico e applicato in indirizzi e criteri per l\u2019azione dei policymaker \ue8 stata perci\uf2 molto meno agevole di quanto si potesse supporre. Man mano che si passa da un livello pi\uf9 generale a uno pi\uf9 operativo, il concetto di sostenibilit\ue0 rivela un insospettabile carico di ambiguit\ue0 e di indeterminatezza, a dispetto della sua apparente ovviet\ue0 ed autoevidenza. Non sono mancati coloro che, sconfortati dalla sproporzione fra le ambizioni teoriche del concetto e la sua capacit\ue0 di proporsi effettivamente come guida e criterio per orientare il policymaking, ne hanno proposto addirittura l\u2019abbandono. Altri studiosi non si sono scoraggiati, ma hanno piuttosto indirizzato la propria ricerca, da un lato, verso l\u2019individuazione di \u201cmeta-indicatori\u201d, ossia verso metodologie per la costruzione di indicatori \u201csensati\u201d e \u201cparsimoniosi\u201d; dall\u2019altro, verso un approccio orientato programmaticamente ad una sostenibilit\ue0 intesa soprattutto come processo decisionale partecipato e democratico (Ekins et al., 2003; O\u2019Connor, 1998, 2003). Il presente saggio si innesta in quest\u2019ultimo filone di ricerca, proponendosi di esaminare il dibattito in un settore emblematico, quello dell\u2019acqua, nel quale \ue8 massimo il carico di ambiguit\ue0 insito nella definizione stessa di \u201cuso sostenibile\u201d e a maggior ragione negli indicatori di sostenibilit\ue0 utilizzati per le valutazioni. L\u2019attenzione si concentra in particolare sulla tematica della sostituibilit\ue0 fra KN e infrastrutture fisiche. Sebbene l\u2019acqua sia da considerarsi \u2013 complessivamente \u2013 un KN critico, la determinazione della scala territoriale alla quale debba valere un \u201cbilancio in pareggio\u201d fra risorse rinnovabili disponibili e usi non \ue8 agevole: infatti, a un costo presumibilmente elevato, ma finito, \ue8 possibile \u201crendere disponibile\u201d virtualmente qualunque quantit\ue0 di acqua, essendo la disponibilit\ue0 di risorsa rinnovabile largamente eccedente rispetto ad ogni necessit\ue0 ipotizzabile. E\u2019 invece la considerazione dei costi della creazione di capitale artificiale a suggerire la ricerca di un equilibrio a scale territoriali minori: costi monetari delle infrastrutture e dei servizi, innanzitutto; ma anche costi opportunit\ue0 ambientali, legati alla scomparsa di funzioni ecologiche irrinunciabili svolte dalla risorsa naturale alla scala locale e all\u2019esigenza \u201cetica\u201d di garantire l\u2019accessibilit\ue0 universale a queste funzioni irrinunciabili (Ekins et al., 2003). Si sviluppa dapprima una definizione di sostenibilit\ue0 delle politiche idriche, sottolineando in particolare la molteplice valenza dell\u2019acqua come KN da preservare e mantenere per le sue valenze ecologiche, come risorsa scarsa da allocare secondo principi di efficienza, come sistema di infrastrutture da sviluppare e mantenere correttamente, e infine come bene onnipresente in tutte le funzioni vitali, e in quanto tale da garantire come \u201cuso meritorio\u201d. Vengono successivamente passati in rassegna alcuni recenti studi dedicati alla definizione e alla misurazione della sostenibilit\ue0 nel settore idrico, che in diversi modi si misurano con l\u2019esigenza di trovare un efficace compromesso fra le caratteristiche \u201cuniversali ed astratte\u201d delle risorse idriche e le inevitabili specificit\ue0 locali, sia in termini di dotazione di KN, sia in termini di \u201cfunzioni ambientali\u201d cui la collettivit\ue0 attribuisce valor