Il recupero energy driven delle ex aree industriali quale possibile risposta al consumo di suolo

Il consumo di suolo si qualifica come problema, non solo perch\ue9 si perde il suolo quale sedime ma anche perch\ue9 si determina una frattura delle qualit\ue0 ecologiche del suolo stesso. Il consumo di suolo rappresenta, infatti, insieme ai Trasporti e all\u2019Energia, uno dei tre ambiti prioritari in cui \ue8 possibile riassumere le questioni energetico-ambientali che riguardano il governo del territorio. Se \ue8 vero che il maggior ricorso alla \u201cnuova energia\u201d \u2013 oltre ad essere diventato obbligatorio dopo il recepimento delle direttive dell\u2019UE \u2013 costituisce una delle misure necessarie per la lotta contro i cambiamenti climatici, \ue8 pur vero che uno degli aspetti senz\u2019altro pi\uf9 delicati del tema FER \ue8 legato alla localizzazione dei relativi impianti sul territorio.Occorre andare oltre la convinzione che il territorio sia un mero supporto scenografico alle azioni umane quanto, piuttosto, riscoprirlo quale valore su cui innestare una programmazione accurata finalizzata a stabilire quanta energia istallare e la qualit\ue0 di territorio e paesaggio da salvaguardare. La pianificazione delle FER dovr\ue0 valutare le relazioni con il contesto e le caratteristiche tecnico-fisiche delle reti di distribuzione, privilegiando soluzioni compatibili con le vocazioni territoriali per evitare ulteriore consumo di suolo. Il questa direzione pu\uf2 essere letto il recupero delle aree industriali dismesse come opportunit\ue0 di offrire una valida opzione nella problematica ricerca di spazi idonei ad ospitare l\u2019impalcatura strutturale propria degli impianti di produzione di energia rinnovabile.Le ex aree industriali, localizzate nella citt\ue0 consolidata, nelle periferie o, in generale, nel territorio, presentano ulteriori problematiche legate al loro recupero, in particolare la necessit\ue0 di opportune operazioni di disinquinamento poich\ue9 il degrado di queste aree non \ue8 solo visivo ma anche fisico. Solo gli investimenti di bonifica consentirebbero a questi siti il riscatto dal ruolo di vuoti privi di identit\ue0. Negli anni Sessanta,la zona sud-occidentale della Sicilia, fino ad allora considerata una delle aree pi\uf9 depresse d\u2019Italia, conobbe un importante risveglio: ad un\u2019economia di sussistenza, di matrice esclusivamente a-gricola, si affianc\uf2 una produzione industriale basata sulla lavorazione dei sali po-tassici. Il comune di Campofranco, in provincia di Caltanissetta, costituiva, con San Cataldo e Porto Empedocle, uno dei vertici del cosiddetto triangolo industriale. A Campofranco sorgeva un moderno complesso industriale di circa 15 ettari. il presente contributo vuole ipotizzare un\u2019alternativa per il recupero del sito, all\u2019insegna della riqualificazione ambientale e dell\u2019efficienza energetica al fine di offrire una soluzione sia al consumo di suolo, sia al problema della dislocazione sul territorio delle infrastrutture per la produzione di energia rinnovabile. Quest\u2019ultima deve mantenere il suo carattere di strumento per il perseguimento dello sviluppo locale autosostenibile e non di nuovo settore industriale con precisi interessi a prescindere dalle caratteristiche del territorio. Si suggerisce un processo di anaciclosi dell\u2019ex area industriale di Campofranco, in riferimento all\u2019opportunit\ue0 che essa possa essere restituita alla propria originaria vocazione produttiva sebbene in una nuova veste