Recensione: Zaccarello, Michelangelo, ed. 2019. Textual Cultures: Texts, Contexts, Interpretation, 12.2

The volume Textual Cultures 12:2 contains some of the works presented at the fifth Incontro di Filologia Digitale (15-16 June 2018, Verona) with a foreword by Michelangelo Zaccarello. The theme of the event, “Born-digital editions and texts: theories, working approaches and methods”, aimed to provoke discussion on both shortcomings and breakthroughs in scholarly digital editing and to promote new projects. Moreover, the resulting collection of essays is defined by Zaccarello as an incentive to cooperation between Italian and North-American scholars. From the case studies gathered in this publication and the words of some contributors, it appears that an interesting matter of continuous debate among digital humanists and cause for reflection for readers is the dichotomy between the use of already established resources and workflows and the need to invent ad hoc tools and systems to answer new research questions. Since this incongruity can cause confusion in students and researchers entering the field and hinder the collaboration between different academic groups, the goal of my review is to address these problems from the perspective of an aspiring digital philologist in the hope of emphasising the conversations we still must have to ensure successful progress in these studies.Il volume Textual Cultures 12:2 contiene alcuni dei lavori presentati al quinto Incontro di Filologia Digitale (15-16 giugno 2018, Verona) con una prefazione di Michelangelo Zaccarello. Il tema dell’evento, Edizioni e testi “born digital”: problemi di metodo e prospettive di lavoro, aveva lo scopo di suscitare la discussione su limiti e progressi nel campo della critica testuale digitale e di promuovere nuovi progetti. Questa collezione dei relativi saggi, inoltre, viene definita da Zaccarello come un incentivo alla cooperazione tra studiosi italiani e nordamericani. Dai casi studio raccolti in questa pubblicazione e dalle parole di alcuni degli autori stessi, un interessante oggetto di continui dibattiti tra umanisti digitali e spunto di riflessione per i lettori sembra essere la dicotomia tra, da un lato, l’uso di risorse e procedimenti già stabiliti e, dall’altro, il bisogno di inventare strumenti e sistemi ad hoc per rispondere a nuove domande di ricerca, il che può confondere studenti e ricercatori che si avvicinano a questo campo e ostacolare la collaborazione tra i vari gruppi di accademici. L’obiettivo della mia recensione è, perciò, far fronte a questi problemi dal punto di vista di un’aspirante filologa digitale, con la speranza di sottolineare le conversazioni che dobbiamo ancora avere per garantire un efficace avanzamento della disciplina