Il libro analizza le teorie della danza più innovativa tra la fine dell’Ottocento e gli anni Ottanta del Novecento; più precisamente, le teorie offerte dai coreografi (da Isadora Duncan e Loïe Fuller fino a Pina Bausch e William Forsythe), e ciò a partire dalla constatazione che sono interessati in primo luogo a trouver une langue, ossia a rintracciare una nuova modalità espressiva, nella convinzione che sia meno importante cosa l’opera d’arte manifesta che non come lo fa: la langue, nella sua morfologia, nella sua struttura, già di per sé significa. Impiegare, ad esempio, una tecnica in cui il corpo si muove in modo organico o, invece, obbedendo a forme artificiali è già una scelta eloquente