Religione, igiene, anatomia. Per un'antropologia della dissezione nel Rinascimento

La storiografia relativa alla scienza del XVT e del XVII secolo ha spesso insistito sul ruolo cruciale giocato dal contesto confessionale in cui le pratiche scientifiche si esplicavano. A partire dal caso éclatante fornito dalla storia dell'astronomia (dalla censura dell'eliocentrismo al processo a Galilei), un modello esplicativo sembra essersi stabilito in base a cui la Chiesa cattolica, in contrapposizione al mondo protestante, ha avuto un ruolo frenante e oscurantista in generale rispetto ai saperi ed alle pratiche scientifiche. In quest'articolo si prova a dimostrare che la storia dell'anatomia - e della dissezione del corpo umano in particolare - costituisce un eccezione e, forse, non l'unica. La dissezione è praticata in Italia, in modo del tutto leggitimo, almeno a partire dal secondo decennio del XIV secolo a dispetto di quanti hanno creduto all'esistenza di un veto imposto dalla Chiesa. Attraverso l'analisi del lessico del disagio generato dall'apertura del corpo umano a scopo didattico e conoscitivo, ci si propone di mostrare quanto i discorsi cattolici e i discorsi protestanti relativi alla dissezione fossero dettati da una medesima inquietudine rispetto ai rischi di sacrilegio e contaminazione inerenti a tale pratica. La radice di tali inquietudine è fondamentalmente igienica, per molti versi simile a quella che è alla base dei riti funerari e che detta il disprezzo per tutti i mestieri che hanno a che fare con la manipolazione della morte (di uomini, ma anche di animali). Se c'è qualcosa che differenzia cattolici e protestanti, è il modo in cui il comune disagio antropologico generato dalla dissezione è enunciato.Carlino Andrea. Religione, igiene, anatomia. Per un'antropologia della dissezione nel Rinascimento. In: Sciences et religions. De Copernic à Galilée (1540-1610) Actes du colloque international - Rome 12-14 décembre 1996. Rome : École Française de Rome, 1999. pp. 101-114. (Publications de l'École française de Rome, 260