Questo breve saggio intende analizzare il modo in cui, a distanza di poco più di un decennio dalla stesura e messinscena dell'Aminta, e consapevole degli schemi pastorali post-tassiani sperimentati da diversi drammaturghi, il Guarini sia in grado di effettuare, in un'ottica di colta ed oculata coscienza metamorfica, e in un ambiente controriformista decisamente fortificato persino nel contesto adulatorio della corte, non solo un mutamento ma una quasi totale riscrittura di alcune componenti costitutive, portanti, della favola boschereccia. Le modalità metamorfiche che investono la figura e la funzione del Satiro non ne sono che un sintomo. Di fronte ad una nuova realtà, tutta fatta di cangianti linee e colori, l'apporta...