Il ruolo dei dati di sensazione nelle analisi percettive di Husserl

Come è possibile la conoscenza? E più in particolare, come è possibile un’esperienza per un soggetto in generale? Come è possibile che attraverso i molteplici dati di sensazioni si costituisca per la soggettività un medesimo oggetto percettivo? Questi interrogativi muovono le ricerche di Husserl fin dall’inizio del suo itinerario filosofico, dunque, fin dalla Filosofia dell’aritmetica e dalle Ricerche logiche, ricerche nelle quali vuol trovare spazio argomentativo l’idea per cui i concetti si radicano sul terreno intuitivo. In questo periodo, a cavallo tra gli ultimi dell’Ottocento e i primi del Novecento, il pensiero di Husserl non ha ancora maturato le possibilità di una trattazione completa della questione. Ciò sarà possibile solo intorno agli anni Venti, quando si sarà compiuta quella svolta in senso genetico della fenomenologia. Nelle Lezioni sulla sintesi passiva la proposta della fenomenologia husserliana di far emergere una autonomia, rispetto alla soggettività, della dimensione del sensibile nel suo strutturarsi secondo le leggi essenziali delle sintesi passive può giungere a compimento. Descrivere le leggi essenziali dell’esperienza, l’apriori del mondo intuitivo e le condizioni trascendentali che rendono possibile l’apparire di un medesimo oggetto ad una soggettività in generale è, nello specifico, l’obiettivo che Husserl pone per un ambito che egli denomina estetica trascendentale fenomenologica. L’apriori estetico-trascendentale emergerà allora come ciò in cui l’apriori analitico-trascendentale trova la sua possibilità di fondazione