Visibile/invisibile nei processi di istituzionalizzazione

L’analisi istituzionale – che è un dispositivo di conoscenza di quanto avviene in un determinato gruppo sociale – consente di rilevare i processi attraverso i quali gli attori producono una conoscenza di se stessi mediante l’osservazione delle relazioni in cui risultino implicati. Un percorso dialettico ed interattivo che permette all’attore sociale di pervenire ad un certo grado di conoscenza dei propri e degli altrui comportamenti così come si manifestano nelle attività di un gruppo. Una comprensione che, gradualmente, si trasforma in abilità sociale, in competenza – e che dunque non ha solo valenza gnoseologica, dal momento che il suo movimento innesca processi di consapevoli cambiamenti nei soggetti coinvolti. Ebbene, per taluni soggetti istituzionalizzati diventa necessario – e qui si allude ad una versione semantica con chiaro ed esplicito riferimento al concetto di terapeutico – acquisire delle particolari competenze che riducano il supporto di operatori non solo per limitare i costi sociali di una tale funzione quanto piuttosto per avviare un processo di emancipazione dell’assistito, almeno nella misura in cui è emerso da tempo, ormai, che proprio la persistenza in un tale stato “patologico” finisce così tanto con l’impigrire le risorse dell’assistito, tanto da ridurlo definitivamente in “disabile cronico”. Per non dire di tutto quanto di altro l’analisi istituzionale è venuta poi scoprendo sia sul piano delle pratiche sociali sperimentate che sul piano teorico che ne è derivato – e cioè, giusto per fare un esempio “gradito” a chiunque si occupi dei servizi sociali, che una tale strategia riesce così tanto a migliorare la qualità della vita che davvero diventa irrinunciabile far ricorso ai dispositivi fin qui messi in cantiere