I notai lombardi nel 18. secolo : un ceto poliedrico

L\u2019intervento mira ad illustrare sinteticamente la fisionomia del ceto notarile lombardo al tramonto dell\u2019antico regime, nelle molteplici sfaccettature di un composito gruppo di operatori del diritto dotato del dinamismo e della versatilit\ue0 necessari per incunearsi nei diversi settori istituzionali della societ\ue0 di antico regime. Il notaio \ue8 coinvolto nelle magistrature maggiori e minori, cos\uec come nell\u2019entourage della curia arcivescovile, pur rimanendo fortemente ancorato al rogare per i privati che, sul finire dell\u2019et\ue0 moderna, costituisce la sua principale \u2013 sebbene non unica \u2013 funzione. Da Milano a Varese, passando poi per la Valtellina, si traccer\ue0 un quadro complessivo, in cui risalteranno gli elementi comuni e le sensibili differenze riscontrabili tra i notai delle varie localit\ue0, che ovunque diedero prova di ingegnosa solerzia. Bench\ue9 non possa individuarsi un tipo univoco di notaio, la maggior parte dei rogatari lombardi sono accomunati dall\u2019appartenenza ad una struttura corporativa, espressione, pi\uf9 che di un\u2019autentica professionalit\ue0, di un vero e proprio status sociale. Sottostimato rispetto ad avvocati e giureconsulti, membri di una pi\uf9 prestigiosa organizzazione, il notaio settecentesco si dimostra nondimeno portatore di un bagaglio di conoscenze, teoriche e pratiche, appreso, da secoli, non nel collegio notarile, bens\uec durante il tirocinio quinquennale che precede l\u2019ingresso nella corporazione e durante l\u2019effettivo esercizio del mestiere, che si rivela, data l\u2019enorme quantit\ue0 di documentazione notarile conservata negli archivi lombardi, talvolta molto intenso