Tante italie una Italia : dinamiche territoriali e identitarie. 2, Mezzogiorno : la modernizzazione smarrita

Se a Stato nazionale moderno l\u2019Italia perviene solo nel 1861, la sua trasformazione in Paese industrializzato \ue8 un risultato ancora pi\uf9 recente. Il cambiamento si avvia, a venti anni dalla fine del 1800, nel Nord-ovest della Penisola che in breve volgere di anni diventa la regione pi\uf9 ricca di industrie, specialmente metallurgiche e meccaniche. Intervenuta la prima guerra mondiale, se con essa si completa il processo politico per l\u2019acquisizione di Trento e Trieste, l\u2019industrializzazione resta confinata al Milanese, a Torino e a Genova. Superata la difficile prova del fascismo,che continua a puntare sull\u2019agricoltura ed auspica di incanalare l\u2019emigrazione italiana verso la piccola e povera porzione di terre africane che vorrebbe riproporre il sogno della Roma imperiale, \ue8 con la fine della seconda guerra mondiale che si verifica una seconda importante fase della trasformazione della sua economia. Finita la ricostruzione e con il rilevante contributo degli Stati Uniti d\u2019America, che temono che l\u2019Italia finisca per gravitare nell\u2019orbita dell\u2019Unione sovietica e del comunismo, si avviano nel nostro Paese una nuova fase politica ed una nuova fase economica. Restituita alla democrazia la societ\ue0, i governi del Paese inaugurano la prima rilevante politica intesa a superare il dualismo economico nel tempo stesso in cui prende avvio la trasformazione in senso industriale sia dei maggiori porti della Penisola che delle regioni contigue al Nord-ovest, che lo circondano sia verso est che verso sud. E\u2019 qui che, grazie alla condizioni dell\u2019agricoltura mezzadrile e colonica di prima e alla accumulazione determinatasi negli anni del conflitto, vengono crescendo in breve volgere di tempo migliaia di piccole imprese industriali, assai diverse da quelle che erano cresciute nel Nordovest e adesso lungo le coste. Si tratta di piccole, talora piccolissime industrie, spesso di carattere familiare, la cui peculiarit\ue0 e la cui forza sono rappresentate dallo stretto rapporto con il territorio. I numerosi cicli produttivi si realizzano attraverso l\u2019integrazione all\u2019interno della stessa area di imprese che svolgono segmenti diversi del processo e sono indirizzate alla produzione di beni di consumo di cui il Paese in precedenza era tributario dell\u2019artigianato o dell\u2019importazione. Nascono i distretti che, all\u2019interno di quella che sar\ue0 chiamata l\u2019\u201cItalia di mezzo\u201d e poi la Terza Italia, trasformano il volto della societ\ue0 locale ed estendono le condizioni dell\u2019Italia capitalistico-industriale fino a comprendere soprattutto le Tre Venezie, l\u2019Emilia-Romagna, le Marche e la Toscana. I cambiamenti intervenuti nell\u2019ultimo mezzo secolo, a cui \ue8 dedicato questo libro, hanno luogo soprattutto a partire dalla seconda met\ue0 degli anni Settanta e comportano un processo di deindustrializzazione, caratterizzato sia dalla chiusura di molte delle imprese dell\u2019Italia nordoccidentale e portuale che subiscono la concorrenza dei Paesi del Sud del mondo, sia dall\u2019avvento delle tecnologie di automazione dei processi produttivi e della rivoluzione del mondo dell\u2019informazione e della comunicazione. Bisogna cambiare strada e sono proprio le maggiori citt\ue0 del Nordovest e i distretti produttivi che si avventurano lungo nuovi percorsi caratterizzati dall\u2019integrazione a rete sia della grandi industrie del Nord-ovest che delle medie e delle piccole della Terza Italia. Anche il Mezzogiorno, dalla fine della seconda guerra mondiale, ha subito la pi\uf9 profonda trasformazione, economica e territoriale, della sua millenaria storia politica e sociale, dalla formazione cio\ue8 di un organismo statuale che unific\uf2, per oltre otto secoli, le terre che si estendono dal Liri e dal Tronto fino all\u2019affaccio mediterraneo della Sicilia. Ma se il reddito individuale si \ue8 pi\uf9 che quadruplicato, le distanze tra le \u201cdue Italie\u201d sono rimaste sostanzialmente immutate, anzi sono aumentate, sia pure di poco. Si sono bonificate le piane, si \ue8 rotto l\u2019isolamento geografico e umano, ma solo l\u2019emigrazione dolorosa e silenziosa di oltre quattro milioni di contadini ha consentito una modernizzazione relativa dello spazio meridionale. Si \ue8 vissuto un momento, agli inizi degl\u2019anni Sessanta, in cui \ue8 parso che l\u2019unificazione politica ed economica del Paese non solo fosse possibile, ma addirittura vicina. Poi, la crisi degli anni Settanta ha allontanato questa storica prospettiva, e i due decenni successivi hanno bloccato il grande disegno di trasformazione civile e l\u2019unificazione economica dell\u2019Italia.Dallo smottamento e dalla frantumazione della societ\ue0 tradizionale e dalla crisi del nuovo, come l\u2019industrializzazione, che si era formato, \ue8 riemersa una criminalit\ue0 organizzata che \ue8 oggi fra le cause maggiori del suo persistente ritardo. Nel contempo, per\uf2, economia e societ\ue0, in Abruzzo e in Molise, cos\uec come buona parte della costa adriatica, si sono differenziate e allontanate, sia pure in modo parziale, dal resto del Mezzogiorno. Una sorta di \u201ceffetto di continuit\ue0\u201d si \ue8 propagato dalle Marche verso la Puglia, e in parte in Basilicata, anche in assenza di continuit\ue0 territoriale. Effetto che non si \ue8 verificato sul versante tirrenico. Anche se, anche lungo questo versante, \ue8 aumentata la dotazione di infrastrutture produttive ( strade, ferrovie, porti, aeroporti,..) e di infrastrutture civili ( scuole, ospedali), ma alla dotazione quantitativa non sempre ha corrisposto una uguale crescita qualitativa, un corrispondente sviluppo civile, come emerge dalla crisi urbana delle due antiche capitali, Napoli e Palermo. Da questa ulteriore differenziazione dello spazio meridionale \ue8 nato anche un policentrismo urbano, pi\uf9 areale che funzionale invero; tuttavia sono cresciute accanto alle patologie delle aree metropolitane di Napoli, Palermo, Catania, Bari, citt\ue0 medie con funzioni alla scala regionale e provinciale e si intravedono \u201cmicropoli\u201d alla scala locale, il che renderebbe pi\uf9 fisiologica la rete urbana meridionale Rinata dunque alla fine della seconda guerra mondiale, e ritornata in primo piano fino a tutti gli anni Sessanta, la \u201cquestione meridionale\u201d si \ue8 eclissata da pi\uf9 decenni e per larga misura se ne sono perse le ragioni ed i fini, da quando, come affermava Rossi Doria, \u201ci vecchi meridionalisti furono innalzati sul piedistallo della riconoscenza nazionale, ma le loro fondamentali analisi e indicazioni furono \u2013 quasi senza eccezione \u2013 relegate nel regno delle ombre e di fatto rinnegate\u201d. Questo libro tenta di ricostruire queste vicende con particolare riguardo ad alcune aree che dei cambiamenti intervenuti ci sono apparse pi\uf9 significative. Lo sforzo maggiore \ue8 stato indirizzato a prospettare un quadro d\u2019insieme affinch\ue9 dalle numerose indagini sulla nuova geografia economica locale, che ha visto impegnata tutta la comunit\ue0 dei geografi italiani, si potesse risalire a delle sintesi di scala pi\uf9 ampia. E ci \ue8 sembrato che la tripartizione di cui si era cominciato a parlare mezzo secolo fosse la pi\uf9 conveniente. Lasciando il giudizio finale al lettore diremo che il libro si articola in cinque sezioni, di cui la prima, dopo aver esaminato il ruolo dei poteri locali nei processi di sviluppo, il peso del processo di regionalizzazione indirizzato alla fine verso il federalismo, la portata dell\u2019unificazione operata dai nuovi media, in particolare cinema e tv, approfondito il ruolo di Roma come capitale e come citt\ue0 globale, finalmente si interroga su come avrebbe potuto essere il processo di sviluppo se avesse potuto rispettare di pi\uf9 la continuit\ue0 rispetto alle condizioni precedenti. A questa prima parte fanno seguito le sezioni dedicate appunto alle Tre Italie di cui si \ue8 detto. Quella del Nordovest che approfondisce specialmente la fisionomia di Milano, Torino e Genova protagoniste fin dall\u2019inizio del processo di modernizzazione del Paese, ma anche dei territori fra esse compresi, \u201cItalia di mezzo\u201d ante litteram, e oggi avviati a formare la \u201cmegalopoli padana\u201d. Quella cui spetta pi\uf9 propriamente l\u2019appellativo di Italia di mezzo o Terza Italia, dove si \ue8 verificata l\u2019industrializzazione delle piccole e delle medie imprese dei beni di consumo, e dove il tessuto civile di citt\ue0 medie e borghi ha retto trasformazioni epocali in maniera equilibrata. Spazio a s\ue9 meritava la capitale, che pur presente in alcuni comparti dell\u2019economia specificamente suoi e purcontinuando a dividere con Milano un certo ruolo relativamente soprattutto alla dimensione privatistica e finanziaria dell\u2019economia, li trascende entrambi per il peso che il significato simbolico della sua storia ci ha consegnato. Il Sud infine dove ai cambiamenti intervenuti e in atto non corrisponde ancora tuttavia il superamento del suo ormai troppo lungo ritardo, e dove le differenze areali vanno configurando situazioni estremamente variegate. Il progetto della ricerca,che ha ottenuto di potersi fregiare del logo istituito per la ricorrenza dei centocinquant\u2019anni dell\u2019Unit\ue0 nazionale, gode anche del patrocinio della Societ\ue0 Geografica Italiana (SGI), della Societ\ue0 di Studi Geografici (SSG), del Centro Italiano per gli studi storico-geografici (CISGE), dell\u2019Associazione dei Geografi Italiani (AGEI), dell\u2019Associazione italiana insegnanti di Geografia (AIIG) e finalmente dell\u2019Universit\ue0 di Roma La Sapienza nella figura della Facolt\ue0 di Architettura di Valle Giulia, cui afferisce uno dei curatori. Che vogliono chiudere questa premessa con il ringraziamento pi\uf9 vivo per i colleghi che hanno contribuito alla realizzazione del lavoro, da estendersi anche a tutti gli altri geografi che con le analitiche ricerche di base di oggi e di ieri hanno consentito che venissero poi costruite le sintesi cui \ue8 pervenuto questo libro