Integrazione dei mercati e mobilit\ue0 dei fattori: le interazioni tra soggetti complessi e i problemi del disegno di una organizzazione federale

Il nostro contributo cerca di collocare il dibattito sui livelli di governo e la costituzione economica europea nel quadro di un\u2019analisi delle conseguenze, potenziali o gi\ue0 effettive, del processo di progressiva, ma ancora molto meno che completa, integrazione dei mercati dei beni e dei fattori di produzione. La discussione si innesta in un quadro di riferimento teorico che cerca di estendere l\u2019impostazione tradizionale considerando i risultati della teoria pi\uf9 recente, soprattutto in tema di incertezza causata dall\u2019incompletezza dei mercati, distribuzione asimmetrica dell\u2019informazione, uso dei contratti come meccanismi di coordinamento, relazioni ripetute e meccanismi di costruzione della reputazione. Tutti questi filoni della teoria pi\uf9 recente mettono in luce i limiti che il paradigma di concorrenza perfetta manifesta se viene usato quale chiave interpretativa dei fenomeni economici reali. In particolare, l\u2019abbandono del paradigma di concorrenza perfetta da un lato evidenzia i contesti nei quali l\u2019intervento pubblico risulta auspicabile, sia per incrementare l\u2019efficienza stimolando l\u2019impiego della capacit\ue0 produttiva del sistema, sia a scopi redistributivi; dall\u2019altro rende meno chiari i benefici normalmente attribuiti all\u2019apertura ed integrazione dei mercati, sottolineando soprattutto la possibilit\ue0 che ci siano effetti asimmetrici nella remunerazione dei fattori di produzione e dunque che siano necessari interventi di politica per garantire il consenso sociale all\u2019integrazione medesima. Se dunque le necessit\ue0 di governo dell\u2019economia, gi\ue0 presenti in un contesto di relativa non integrazione, si fanno pi\uf9 pressanti con il procedere dell\u2019integrazione, il problema della attribuzione delle competenze ai livelli di governo diventa centrale. Distinguiamo, sperando di non semplificare troppo, due grandi categorie di intervento pubblico: le politiche per l\u2019efficienza (politiche della domanda aggregata e industriali) e quelle redistributive (dirette o indirette). L\u2019assegnazione delle prime al livello di governo sovranazionale sembra auspicabile, soprattutto al fine di evitarne un utilizzo inefficiente a causa del travalicamento dei confini dei loro effetti che diventa sempre pi\uf9 frequente come conseguenza dell\u2019integrazione. Le politiche redistributive sembrano invece avere una collocazione pi\uf9 naturale al livello nazionale. Tuttavia, l\u2019attuazione di queste seconde richiede la disponibilit\ue0 di un gettito che dipende invece dalle prime e dunque un\u2019attribuzione di competenze come quella suggerita renderebbe dipendente, nella disponibilit\ue0 di mezzi, l\u2019iniziativa di politica economica dei governi nazionali dalle autorit\ue0 sovranazionali. Ci sono gi\ue0 segni evidenti che questo innesca forti resistenze al cambiamento da parte dei governi nazionali, che tendono a rivendicare a s\ue9 sovranit\ue0 e a ostacolare la transizione verso un\u2019attribuzione al livello sovranazionale di competenze e, pi\uf9 in generale, l\u2019evoluzione in senso federale dell\u2019Unione. Una garanzia per gli stati membri potrebbe essere quella di stabilire delle regole di redistribuzione del gettito, come quelle sperimentate in modelli federali esistenti, che garantiscano a ciascuno di non trovarsi in posizione troppo svantaggiata una volta rimosse le resistenze ad un\u2019integrazione spinta dei mercati. Questa salvaguardia potrebbe essere inserita in un progetto di costituzione economica. Tuttavia la rigidit\ue0 che si vuole introdurre dovrebbe essere identificata con cautela, limitandosi forse a stabilire vincoli minimi, e lasciando alle parti l\u2019esercizio della discrezionalit\ue0 per eventuali aggiustamenti nel rispetto di questi