Ipse Christus innocentissimus. Inquisizione, eretici condannati e sacramenti

Nel Duecento Alessandro IV emanò una costituzione per rispondere a un dubbio espostogli dagli inquisitori di Tolosa : come regolarsi se un condannato per eresia si fosse pentito dopo la lettura della sentenza ? Occorreva salvargli la vita e condonargli le pene, oppure bisognava mantenere immutato l’esito del processo ? E si potevano amministrare i sacramenti del perdono e dell’eucarestia, graziando, in luogo del corpo, l’anima del relapso ? La risposta del pontefice (canone Super eo) fu incluso nel VI libro delle Decretali, e divenne subito materia di riflessione per i glossatori del Duecento e del Trecento. Ma il suo valore fu posto in dubbio con la nascita delle moderne Inquisizioni centralizzate, specialmente in Spagna, dove fino agli anni di Filippo II non era i sacramenti non furono concessi neppure ai condannati per i reati di natura civile. La stessa cosa avveniva in Francia e nelle terre dell’Impero, contravvenendo a una disposizione della Constitutio criminalis Carolina. Il saggio affronta la storia dei rapporti tra giustizia inquisitoriale e riti di conforto alla luce della controversia sull’amministrazione dei sacramenti agli eretici relapsi, comparando la prassi del Sant’Uffizio romano e di quello spagnolo.Lavenia Vincenzo. Ipse Christus innocentissimus. Inquisizione, eretici condannati e sacramenti. In: Mélanges de l'École française de Rome. Italie et Méditerranée, tome 121, n°1. 2009. Administrer les sacrements en Europe et au Nouveau Monde : la curie romaine et les dubia circa sacramenta pp. 155-172